Revocatoria fallimentare: i termini d’uso ineriscono ai tempi e le modalità dei pagamenti, non le forniture.

Revocatoria fallimentare: i termini d’uso ineriscono ai tempi e le modalità dei pagamenti, non le forniture.
By Studio Legale DG

I pagamenti di corrispettivi per la prestazione di servizi o forniture sono esenti dall’azione revocatoria qualora siano eseguiti nei termini d’uso abitualmente adottati dalle parti contraenti non dovendosi, invero, intendere l’espressione “termini d’uso” quale riferita ai servizi ed alle forniture eseguite in favore dell’impresa in stato di insolvenza da un fornitore abituale.

(cfr. Cass. Sez. I, ordinanza 7 luglio 2021, n. 19373)

Quale è il confine tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia?

Mentre il fideiussore è vicario del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto con il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

(cfr. Tribunale di Milano, sez. VI, sentenza 2 aprile 2021)

Denuncia difetti di conformità e vendita internazionale: si applica il termine fissato dalla Convenzione di Vienna.

La Suprema Corte di cassazione con la sentenza 26 Gennaio 2021 n. 1605 ha disposto che in una compravendita internazionale fra una società venditrice italiana e una società acquirente straniera (nella fattispecie, tedesca) trova applicazione la Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 sulla vendita internazionale di merci e pertanto, per quanto riguarda il termine per valere i vizi della merce acquistata, si deve aver riguardo al combinato disposto degli artt. 38 e 39 della Convenzione stessa.

Ne deriva che i termini di decadenza e di prescrizione per far valere i difetti di conformità non sono di otto giorni e un anno ex art. 1495 c.c., ma devono rispettare il criterio del “tempo ragionevole”, con la specificazione di un termine massimo di decadenza di due anni, secondo le prescrizioni dello strumento internazionale (art. 39 della Convenzione).”

La regola convenzionale s’impone poiché la preferenza dell’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite, rispetto alle norme di diritto internazionale privato, si fonda essenzialmente su un giudizio di prevalenza del diritto materiale uniforme rispetto alle norme di diritto internazionale privato, come chiarito da una precedente sentenza sempre della stessa Corte di Cassazione.

Comportamento “non lineare” della parte? Non è sufficiente per la risoluzione del contratto.

La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza del 16 Novembre 2020 n. 25845 ha affermato che non è comprensibile, avuto riguardo all’obiettività dell’inadempimento rilevante ai sensi dell’art. 1455 c.c., il riferimento ad una “non linearità” del comportamento della parte, rinviando la “non linearità” ad una situazione di opacità, mentre il giudizio di inadempimento postula chiarezza ed obiettività dell’inottemperanza all’impegno contrattuale.

Assegno spedito per posta e incassato abusivamente: il nodo della responsabilità sciolto dalle SS.UU.

Con la sentenza n. 9769 del 26 maggio 2020 le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione hanno chiarito, componendo il contrasto giurisprudenziale, che la spedizione per posta ordinaria di un assegno, anche se non trasferibile, comporta il concorso di colpa del mittente, insieme alla banca negoziatrice, nel caso in cui l’assegno medesimo venga incassato da una persona non legittimata.

Ad avviso delle Sezioni Unite la scelta del mittente di avvalersi della posta ordinaria per la trasmissione dell’assegno al beneficiario rispetto ad altre forme di spedizione, quali la posta raccomandata o assicurata, si traduce nella consapevole assunzione di un rischio evidente ed ingiustificato che non può non costituire oggetto di valutazione ai fini dell’individuazione della causa dell’evento dannoso.

Appalto – Danni a terzi: il committente può rispondere in solido con l’appaltatore

La regola per la quale risponde il solo appaltatore ove abbia operato in autonomia con propria organizzazione e apprestando i mezzi a ciò necessari, o il solo committente, nel caso in cui si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti, che abbiano ridotto l’appaltatore al rango di “nudus mister”, certamente vale nei rapporti contrattuali interni tra committente e appaltatore, ma non vale per altre ipotesi intermedie, per le quali possono rispondere, solidalmente, tutti i soggetti che abbiano contribuito, a diverso titolo, a cagionare un danno a un terzo, qualora la loro ingerenza nei lavori appaltati si sia manifestata attraverso atti o direttive che abbiano soltanto ridotto l’autonomia dell’appaltatore. E’ quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione del 29 ottobre 2019 n. 27612.

Nell’assicurazione di responsabilità il massimale non è elemento essenziale del contratto.

Secondo la Cassazione civile, ordinanza 21 ottobre 2019 n. 26813, in tema di assicurazione per responsabilità civile, il massimale non è elemento essenziale del contratto di assicurazione, che può essere validamente stipulato senza la relativa pattuizione e neppure costituisce fatto generatore del credito assicurato, configurandosi piuttosto come elemento limitativo dell’obbligo dell’assicuratore, sicché grava su quest’ultimo l’onere di provare l’esistenza e la misura del massimale, dovendosi altrimenti accogliere la domanda di garanza proposta dall’assicurato a prescindere da qualsiasi limite di massimale.

Responsabilità contrattuale.

Interessante ordinanza della Suprema Corte di Cassazione – n. 8748 del 12 luglio 2019 –  secondo la quale nel valutare se sia applicabile la clausola generale dell’art. 1337 c.c., il Giudice di merito, dopo aver individuato il comportamento della parte che si assume contrario ai doveri di correttezza, deve altresì considerare l’idoneità di tale comportamento ad ingenerare nella controparte l’idea di una rottura ingiustificata delle trattative, valutazione nella quale non si può prescindere dal comportamento tenuto dalla parte adempiente.

Anche la Pubblica Amministrazione può rispondere in via oggettiva del danno cagionato dal proprio dipendente.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sente 16 maggio 2019 n. 13246 conferiscono un’interpretazione aggiornata alle norme civilistiche che regolano la responsabilità oggettiva dei preponenti, che, fino alla data odierna, per la Pubblica Amministrazione è sempre stata interpretata in modo differente e di favore.
Le Sezioni Unite affermano, infatti, che lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del dipendente anche quando questi abbia approfittato delle sue attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle dell’amministrazione di appartenenza, purchè la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che il dipendente esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviato o abusivo od illecito, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo.

COMPRAVENDITA: Sul Compratore grava l’onere di provare i vizi della cosa.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 11748 del 3 maggio 2019) in materia di garanzia per vizi della cosa venduta di cui all’art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’art. 1492 c.c. è gravato dall’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi.

PROPRIETA’: Il diritto di sopraelevazione spetta sempre al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione – cfr. Cass. 18 marzo 2019 n. 7563 – il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio, acquistando la proprietà del lastrico solare, acquisisce il diritto di sopraelevazione, e non necessita di alcun consenso da parte degli altri condomini, a meno che non sia prevista una limitazione convenzionale della norma di cui all’art. 1127 c.c..

MARCHI: contraffazione ed usurpazione del marchio

La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato, anche se in maniera non completa, l’annosa questione tra il diritto al nome e diritto al marchio.
In forza della sentenza 29 gennaio 2019 n. 2473 l’attività illecita, consistente nell’appropriazione o nella contraffazione di un marchio (patronimico) mediante l’uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall’imprenditore concorrente, può essere da quest’ultimo dedotta sia a fondamento di un’azione reale a tutela del marchio sia a fondamento di un’azione personale per concorrenza sleale.

Amministratore e manutenzione straordinaria

Cass. Civ. 17 Agosto 2017 n. 20136
Esaustiva precisazione da parte della Cassazione a proposito dei poteri dell’Amministratore in caso di manutenzione straordinaria.
L’Amministratore – ha detto la Suprema Corte di Cassazione – che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell’assemblea, disponga l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria nell’edificio condominiale e conferisca altresì ad un professionista legale l’incarico di assistenza per la redazione del relativo contratto di appalto, non determina l’insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini al riguardo, non trovando applicazione il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, giacché i poteri dell’amministratore del condominio e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli art. 1130 e 1135 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all’ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria; né il terzo può invocare l’eventuale carattere urgente della prestazione commissionatagli dall’amministratore, valendo tale presupposto a fondare, ex art. 1135, ultimo comma, c.c., il diritto dell’amministratore al rimborso delle spese nell’ambito interno di mandato.

Contratti Bancari

Cass. Civ. Sez. I  Ord. 28 Novembre 2018 n. 30822

In tema di contratti bancari, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”, per cui il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto, relativi all’intero periodo del rapporto, che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizioni in quanto riferite a somme non dovute.
Con questa sentenza la Corte di Cassazione affronta la distribuzione dell’onere della prova nelle controversie tra banca e correntista, soffermandosi sull’utilizzo del criterio c.d. saldo zero.

Società

SOCIETÀ – Di capitali – Società per azioni (nozione, caratteri, distinzioni) – Costituzione – Modi di formazione del capitale – Limite legale – Delle azioni – In genere accordo tra soci uno dei quali si obblighi a manlevare l’altro delle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società mediante l’attribuzione di un diritto di vendita c.d. put della partecipazione sociale a prezzo predeterminato – Liceità e meritevolezza degli interessi – Sussistenza.

Cass.  Civ. Sez. I Ord. 4 Luglio 2018, n. 17498

E’ lecito e meritevole di tutela l’accordo negoziale concluso tra i soci di una società azionaria, con il quale l’uno, in occasione del finanziamento partecipativo così operato, si obblighi a manlevare l’altro dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l’attribuzione del diritto di vendita (c.d. “put”) entro un termine dato ed il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale a prezzo predeterminato, pari a quello dell’acquisto, pur con l’aggiunta di interessi sull’importo dovuto e del rimborso dei versamenti operati nelle more in favore della società.

Compensatio lucri cum danno

Sulla questione se dall’ammontare dei danni risarcibili dal danneggiante debba essere detratta l’indennità assicurativa derivante dall’assicurazione contro i danni che il danneggiato abbia percepito in conseguenza del fatto illecito, si confrontano due orientamenti.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione – 22 maggio 2018 n. 12565 – confermano il divieto di cumulo di indennizzo assicurativo e risarcimento del danno  affermando che il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto.

Trasporto – perdita della merce – mittente – azione risarcitoria – onere probatorio.

La Suprema Corte di Cassazione (cfr. sezione IV civile – ordinanza 12 gennaio 2018 n. 702) ha affermato, e non constano precedenti negli esatti termini, che qualora il mittente agisca nei confronti del vettore per il risarcimento del danno patito in conseguenza della perdita della merce trasportata, sul primo incombe soltanto l’onere di provare la perdita del carico e il suo valore, ma non anche di aver indennizzato il destinatario della merce per il mancato arrivo della stessa; spetterà invece al vettore dimostrare che il mittente aveva già percepito dal destinatario il prezzo della merce poi andata perduta e che quest’ultimo non gliene ha chiesto la restituzione.

Autotrasporto di cose per conto terzi – Mancata iscrizione all’albo – Conseguenze

Interessante pronuncia del Tribunale di Verona (Ordinanza 20 febbraio 2018) in forza della quale non può pretendere alcun corrispettivo, né può esercitare l’azione di arricchimento senza causa, chi abbia eseguito prestazioni di autotrasporto di cose per conto di terzi senza essere iscritto all’albo nazionale degli autotrasportatori.

Responsabilità Vettore – Pacco spedito e mai consegnato – Danno

Il Tribunale di Milano con sentenza del 21 marzo 2018 n. 3285 ha affermato che deve qualificarsi come gravemente negligente la condotta del Vettore che non sia stato in grado di fornire alcuna spiegazione circa la perdita del bene consegnatogli per il trasporto. In tale contesto, afferma sempre il Tribunale di Milano, risulta irrilevante l’allegazione del Vettore secondo cui lo stesso si sarebbe impegnato nella ricerca del predetto bene con la conseguenza che lo stesso Vettore è tenuto a ristorare il danno secondo i parametri di cui all’art. 1696 c.c..

Contratto definitivo – Prevalenza – Preliminare

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato con l’ordinanza n. 6223 del 14 marzo 2018 che nel caso in cui le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.

Processo Civile – Sentenza – Inibitoria – Sospensione – Criteri

La Corte di Appello di Milano nel corso dell’anno 2017 ha pronunciato due interessanti ordinanze in tema, rispettivamente, di sospensione dell’efficacia esecutiva/esecuzione di sentenza di primo grado e di sospensione dell’esecuzione di sentenza di secondo grado.

L’inibitoria delle sentenze di primo grado impugnate in appello deve essere ancorata a criteri rigorosi, tanto in relazione all’immediata esecutività attribuita a loro ex lege, quanto in relazione al disposto dell’art. 283 cpc, che subordina la concessione dell’inibitoria solo alla ricorrenza del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Mentre ai fini della sospensione, ai sensi dell’art. 373 cpc, dell’esecuzione della sentenza resa in grado di appello contro la quale sia stato proposto ricorso per cassazione, il potere discrezionale riconosciuto al giudice di appello è considerevolmente meno ampio di quello attribuito al medesimo giudice dagli artt. 283 e 351 cpc, posto che per la sospensione dell’esecuzione ex art. 373 cpc è precluso l’esame della probabile fondatezza del ricorso per cassazione ed è invece richiesta, in via esclusiva, l’esistenza di un grave e irreparabile danno.

Importatore – Diritti Doganali – Assicurazione – Pagamento

La Suprema Corte di Cassazione ha confermato con ordinanza del 28 febbraio 2018 n. 4570 il proprio orientamento in base al quale allorquando lo Spedizioniere Doganale, nell’eseguire le operazioni in dogana per conto del Proprietario della merce, ancorché in forza di subdelega ricevuta dal mandatario di quest’ultimo si avvalga della facoltà di differire il pagamento dei tributi doganali ai sensi degli artt. 78 e 79 D.P.R. n. 43/1973, all’uopo stipulando con Società di Assicurazioni una polizza fideiussoria sostitutiva della cauzione ed identificante l’obbligazione garantita del debito inerente a detti tributi, a quest’ultima che per il suddetto titolo sia stata escussa dall’Amministrazione finanziaria deve essere riconosciuto diritto di surrogazione e regresso (artt. 1949 – 1951 c.c.) nei confronti del Proprietario-Importatore.

Quest’ultimo, infatti, avendo fatto ricorso all’attività di uno Spedizioniere (che assume la veste di condebitore in solido), è soggetto passivo del rapporto tributario e, quindi, dell’obbligazione garantita, non rilevando incontrario che i diritti doganali siano rimasti insoddisfatti a causa di comportamento illecito dello Spedizioniere, il quale non abbia provveduto a versare alla Dogana le somme ricevute dall’Importatore, giacché la circostanza interferisce non già sul debito d’imposta o sulla fideiussione bensì nel mero rapporto interno fra Spedizioniere ed Importatore.

Vendita – cosa gravata da oneri o da diritti di terzi.

Interessante pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 57 del 4 gennaio 2018) secondo la quale nella vendita di cosa gravata da oneri o da diritti di terzi, la responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1489 c.c. è esclusa tanto nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza del peso gravante sulla cosa, presumendosi che egli l’abbia accettata con tale peso, quanto nel caso in cui si tratti di oneri e diritti apparenti, che risultino cioè da opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio; senza che rilevi, in tali ipotesi, la dichiarazione del venditore, della inesistenza di pesi o oneri sul bene medesimo, non operando, in tal caso, il principio dell’affidamento.Quest’ultimo, infatti, avendo fatto ricorso all’attività di uno Spedizioniere (che assume la veste di condebitore in solido), è soggetto passivo del rapporto tributario e, quindi, dell’obbligazione garantita, non rilevando incontrario che i diritti doganali siano rimasti insoddisfatti a causa di comportamento illecito dello Spedizioniere, il quale non abbia provveduto a versare alla Dogana le somme ricevute dall’Importatore, giacché la circostanza interferisce non già sul debito d’imposta o sulla fideiussione bensì nel mero rapporto interno fra Spedizioniere ed Importatore.

Diffida ad adempiere e importanza dell’inadempimento

L’intimazione, da parte del creditore, della diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 c.c. e l’utile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell’art. 1455 c.c., dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento da effettuare secondo un criterio che tenga conto sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del negozio, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite una indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all’esatto adempimento.

Tutto quello che c’è da sapere sul contratto estimatorio

Il contratto estimatorio è un contratto reale: non è necessario che le parti abbiano provveduto ad identificare il termine di restituzione e neppure che i beni siano stati oggetto di stima. E’ invece essenziale che le parti si siano accordate sulla facoltà dell’accipiens di restituire la cosa anziché pagarne il prezzo.

L’elemento essenziale e caratterizzante del contratto estimatorio è la facoltà del consegnatario (accipiens) di restituire la merce in alternativa all’obbligo di pagamento del prezzo, senza che a tale configurazione sia da ostacolo la mancata prefissione esplicita di un termine per l’esercizio dell’indicata facoltà di restituzione.

Invero, con il contratto estimatorio il proprietario (tradens) consegna una o più cose mobili determinate ad un soggetto (accipiens) che si obbliga a pagare il prezzo, salvo restituire quanto ricevuto nel termine stabilito. L’accipiens non acquista la proprietà della res, né assume l’obbligazione di venderla, ma è tenuto al pagamento del prezzo di stima, ove alieni, per proprio conto e nel proprio interesse, a terzi, le cose consegnate, oppure non provveda, nel termine convenuto, alla restituzione. L’operazione economica trova giustificazione, da una parte, nell’interesse del proprietario di avvalersi dell’organizzazione di altri imprenditori per far conoscere i propri prodotti; dall’altra, nell’interesse dell’accipiens di avere a disposizione beni in vista della rivendita, con la sicurezza di poter restituire entro il termine stabilito, l’invenduto, andando così esente dal pagamento del prezzo.

Si precisa, infatti, che il contratto estimatorio è un contratto reale: ciò significa che l’accordo delle parti non è  ancora sufficiente per dirsi formato il vincolo negoziale che viene ad esistenza solo al momento della consegna delle cose dal proprietario (tradens) a un soggetto (accipiens).

L’art. 1556 c.c. prevede, inoltre, che oggetto del contratto siano beni mobili. Si è osservato che la struttura del rapporto, al fine di rendere effettiva la facoltà dell’accipiens di restituire in tutto o in parte le cose ricevute, impone che le parti individuino i beni in modo specifico, avvalendosi quantomeno di criteri di identificazione delle cose consegnate. Affinchè il contratto sia qualificabile come estimatorio non è necessario che le parti abbiano provveduto ad identificare il termine di restituzione e neppure che i beni siano stati oggetto di stima. E’ invece essenziale che la parti si siano accordate sulla facoltà dell’accipiens di restituire la cosa anziché pagarne il prezzo.

Nell’ipotesi che non sia stato individuato alcun termine, sarà applicabile l’art. 1183 c.c. in modo da determinare il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita.

Di talchè la mancanza del termine e le modalità particolari di determinazione del prezzo non portano, pertanto, automaticamente ad escludere l’esistenza del contratto estimatorio, bensì impongono solo una maggior attenzione nella valutazione di tutti gli elementi sintomatici che possano ricostruire l’originaria volontà delle parti, quali le qualità professionali delle parti e la natura dei beni.

Compravendita: cose da trasportare

Ai sensi dell’art. 1515, comma 2, c.c., la vendita di cosa da trasportare si presume “vendita con spedizione”, nella quale il venditore si libera dall’obbligo di consegna rimettendo la cosa al vettore, sicchè, per configurare una “vendita con consegna all’arrivo”, occorrono elementi, precisi e univoci, atti a dimostrare il patto di deroga.

A tal riguardo è insufficiente la stipulazione della clausola “porto franco”, perché questa esonera l’acquirente dalle spese di trasporto, ma non lo solleva dai rischi del medesimo.

Inadempimento di un contratto di vendita internazionale di cose mobili e competenza del Giudice

In tema di vendita internazionale di cose mobili, qualora il contratto abbia ad oggetto merci da trasportare, il luogo di consegna va individuato in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita e, come luogo di consegna principale, va riconosciuto quello ove è convenuta l’esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici, ossia il luogo di recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del Giudice di tale Stato rispetto a tutte le controversie reciprocamente nascenti dal contratto, ivi compresa quella relativa al pagamento dei beni alienati, dovendosi ritenere che la disciplina stabilita dal regolamento CE/44/2001 prevalga sulle disposizioni dettate in subiecta materia, dalla Convenzione di Vienna.

L’art. 31 di detta Convenzione, relativo al luogo il cui il vettore, eventualmente incaricato, abbia preso in consegna la merce, nonché il successivo art. 57 nella medesima Convenzione, relativo all’individuazione del luogo di pagamento del prezzo del venditore vanno, pertanto, interpretati nel senso che contengono una regola iuris idonea a disciplinare i rapporti obbligatori delle parti, ma non la giurisdizione.

Autotrasporto, conseguenze derivanti dall’inosservanza delle tariffe a forcella

La tariffa a forcella, ha carattere inderogabile per la natura imperativa delle norme che erano state introdotte dal legislatore storico a protezione dell’ordine pubblico economico dei trasporti e la parte contrattualmente più debole, con la conseguente automatica sostituzione delle clausole di prezzo difformi. Tale sostituzione opera ex lege anche contro la volontà delle parti, ai fini della conservazione degli effetti del rapporto giuridico, che è così etero integrato ex lege.

La clausola “pagamento in contrassegno” inserita in un contratto di trasporto.

L’inserimento della “clausola di contrassegno” nel contratto di trasporto comporta che il vettore viene indicato al destinatario come la persona nei cui confronti egli paga efficacemente, ed a siffatta indicazione sottostà un rapporto di mandato senza rappresentanza, che obbliga il vettore medesimo verso il mittente a chiedere al destinatario il pagamento della merce nell’atto di offrirgliene la riconsegna. Pertanto, in base al principio del ragionevole affidamento, il vettore è per il destinatario della merce, la persona che mentre gli offre le cose di cui gli è dovuta la consegna per l’acquisto fattone dal venditore, gli è indicata come quella legittimata a riceverne il prezzo.

Contratto di trasporto e legittimazione attiva per il risarcimento del danno

La Suprema Corte  si è pronunciata sulla domanda di risarcimento dei danni avanzata dal vettore principale e submittente nei confronti del subvettore, il quale deduceva la carenza di legittimazione attiva del primo, atteso che unico legittimato a richiedere il risarcimento dei danni per la perdita parziale della merce sarebbe il destinatario della stessa.

In tema di contratto di trasporto e anche nell’ipotesi di vendita con spedizione, la leggitimazione a domandare il risarcimento del danno per inesatto adempimento nei confronti del vettore spetta, altermativamente, al destinatario o al mittente, a seconda che i danni abbiano esplicato i loro effettti nela sfera patrimoniale dell’uno o dell’altro.

Ne consegue che il vettore principale e submittente è legittimato a domandare il risarcimento dei danni per inesatto inadempimento del subvettore, qualora lo stesso abbia tacitato le ragioni del destinatario e sopportato interamente il pregiudizio derivante dalla perdita parziale del carico.

Diffamazione tramite Internet

Il gestore di un sito Internet è responsabile per il reato di diffamazione commesso da un utilizzatore di un forum liberamente accessibile per commenti da parte degli utenti, se era a conoscenza del contenuto pubblicato sul sito da lui gestito o non non ha provveduto a rimuoverlo.  L’innovativo principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con una sentenza del 14/7/2016, così notevolmente estendendo l’area degli obblighi di controllo e moderazione a carico dei gestori dei numerosi siti Internet aperti ai commenti dei frequentatori. In precedenza, L’orientamento seguito in precedenza dalla Corte limitava unicamente al commentatore e autore la responsabilità per quanto scritto, escludendo pertanto ogni onere a carico del gestore del sito, presupponendo la pratica impossibilità per quest’ultimo di vagliare in dettaglio i contenuti aggiunti dagli utenti.

Ove l’orientamento dovesse venire confermato e seguito in futuro, la attuale corrente apertura alla espressione delle opinioni degli utenti potrebbe divenire oggetto di cautele e limitazioni ben più ampie delle attuali.

Trasporto delle merci, oneri economici e responsabilità

L’assunzione degli oneri economici del trasporto della merce compravenduta non comporta accollo di responsabilità da parte del venditore per eventi afferenti il trasporto, salvo l’esistenza di pattuizione esplicita al riguardo.

L’apposizione della dicitura “porto franco” o equivalenti a un contratto di compravendita può facilmente indurre il compratore a ritenere che, restando gli oneri del trasporto della merce a carico del venditore, quest’ultimo si accolli anche i rischi relativi al trasporto stesso. In verità, salvo diverse e specifiche pattuizioni, le responsabilità del venditore si limitano alla consegna della merce al vettore incaricato, mentre, salvo colpe specifiche del vettore medesimo con conseguenti possibilità di rivalsa, l’eventuale perimento della merce durante il trasporto resta a carico dell’acquirente.

In una vertenza relativa al furto di un’imbarcazione durante il trasporto della stessa al luogo di destino designato dall’acquirente, la Corte di Cassazione, dopo che la questione era stata decisa in maniera opposta dal Tribunale e dalla Corte di Appello competenti, ha escluso (sentenza n. 11505 del 3 giugno 2016), in assenza di pattuizioni specifiche in contrario, ogni responsabilità a carico del venditore.

Il principio generale adottato dal Codice Civile all’articolo 1510 risulta estremamente specifico al riguardo, prevedendo che salvo accordi in contrario la consegna della merce compravenduta e quindi il perfezionamento del relativo contratto avviene nel luogo ove la merce si trova, se noto alle parti, ovvero presso il venditore, con la conseguenza che eventuali prestazioni accessorie, quali il trasporto, anche se a carico del venditore, riguardano beni già di proprietà del compratore con accollo a quest’ultimo dei rischi relativi. Resta naturalmente possibile per le parti stabilire condizioni diverse, da fare risultare adeguatamente se del caso.

Rimborso viaggi, quando chiederlo e come ottenerlo

Si torna da una vacanza lamentando un trattamento di qualità deludente? I depliant informativi hanno dato una visione ingannevole del luogo? Ritardi, smarrimento di bagagli, intossicazioni alimentari, variazioni nei programmi di viaggio hanno fatto sì che un soggiorno paradisiaco si trasformasse in un’esperienza da dimenticare? Si è arrabbiati per aver alloggiato in strutture fatiscenti e aver pagato sovrapprezzi non previsti?

Ebbene il nostro ordinamento prevede una tutela per il consumatore che non abbia potuto godere della vacanza a causa di disservizi imputabili al venditore del viaggio (l’agenzia di viaggi) o all’organizzatore del viaggio (il tour operator).

Il soggiorno, infatti, deve svolgersi esattamente come previsto in fase di prenotazione, ogni modifica del programma o della sistemazione alberghiera legittimano al rimborso del prezzo per la prestazione non goduta oltre al risarcimento del danno.

Attenzione però perché non è vero che “il cliente ha sempre ragione”. Sì alle proteste ma solo se fatte con un minimo di buon senso; non ci si può lamentare per un arredo antiquato e qualche crepa sui muri se si prenota in una piccola pensione a due stelle, né pretendere un “accesso facilitato alla spiaggia” se l’albergo prescelto è arroccato a picco sul mare: insomma, una cosa è far valere i propri diritti, un’altra è pretendere un trattamento da resort a cinque stelle pur avendo prenotato una struttura decorosa ma low cost.

Quando ci capita di dover subire degli inconvenienti causati dall’inadempimento dell’organizzatore della nostra vacanza, è necessario agire immediatamente segnalando il problema in loco al referente del tour operator, ovvero di chi ci ha organizzato la vacanza, che dovrà provvedere ad offrire un’immediata soluzione ai nostri problemi.

Nella maggior parte dei casi viene fatta una proposta che deve soddisfare le nostre legittime richieste. Nel caso in cui i problemi non si possano risolvere in loco, occorre innanzitutto raccogliere il maggior numero di prove tramite foto, dichiarazioni (sottoscritte da altri turisti) e testimonianze, fatture di spesa (indispensabili per ottenere dal Giudice il risarcimento danni) per poi presentare un reclamo documentato e scritto a mezzo lettera raccomandata a.r. entro il termine di dieci giorni lavorativi dal giorno del rientro indirizzato all’agenzia di viaggi e al tour operator/organizzatore.

Le richieste dei consumatori possono essere richieste di rimborso o richieste di risarcimento.

Il rimborso è una cifra che si chiede nel caso in cui nel corso della vacanza non si sia potuto, a causa di un impedimento imputabile all’organizzazione del viaggio o ad un suo incaricato, usufruire di un servizio compreso nel pacchetto acquistato, oppure per la restituzione di quanto sborsato per far fronte ad una situazione imprevista sempre causata dal difetto di organizzazione del tour operator. Il valore richiesto va calcolato in base al costo del servizio non erogato e alle spese extra sostenute.

Il risarcimento invece consiste in una richiesta che serve a dar conforto al disagio subito (minor godimento della vacanza/danni morali) e va calcolato tenendo conto dell’effetto che i problemi durante la vacanza hanno avuto sulla nostra persona. In tale ipotesi la quantificazione del disagio subito o danno da vacanza rovinata risulta più difficoltosa perché non si può far riferimento a parametri oggettivi. In altri termini non esistendo riferimenti concreti, bisogna tener conto del tipo di disagio sofferto, della sua durata e del costo dell’intera vacanza e, dunque, occorrerà effettuare una valutazione che non può che essere fondata su un giudizio ex art. 1226 c.c..

Infine segnalo che anche lo smarrimento del bagaglio da parte della Compagnia aerea può trasformarsi in danno da vacanza rovinata, ma solo nel caso si sia prenotata un’offerta comprensiva di biglietto aereo e hotel.

Diversa è l’ipotesi quando il problema è direttamente con una Compagnia aerea. Infatti in caso di perdita, danneggiamento, ritardo alla consegna del bagaglio registrato (ovvero imbarcato) il consumatore ha diritto al risarcimento danni (vige al riguardo comunque una limitazione di responsabilità a favore del vettore) e deve sporgere reclamo nei confronti della Compagnia.

All’arrivo a destinazione, in caso di smarrimento o danneggiamento del bagaglio, il passeggero, prima di lasciare l’area di riconsegna bagagli, deve compilare un Rapporto di smarrimento o danneggiamento bagaglio (denominato P.I.R. – Property Irregularity Report) presso l’apposito ufficio Lost and Found, dove, a seconda del tipo di problema, si segue una specifica procedura per l’avvio della pratica di risarcimento nei confronti della Compagnia area.

Ora:

  • in caso di smarrimento, se il bagaglio non viene ritrovato entro 21 giorni dall’apertura del P.I.R. si considera smarrito ed è pertanto possibile chiedere il risarcimento;

  • in caso di tardiva riconsegna, se il bagaglio viene ritrovato, entro 21 giorni dalla effettiva avvenuta consegna è possibile comunque chiedere il rimborso delle eventuali spese sostenute per acquistare gli effetti personali necessari in mancanza del bagaglio (è molto importante al riguardo conservare la documentazione che attesta l’esborso: scontrini; ricevute; ecc.).

  • in caso di danneggiamento, entro 7 giorni dalla data di consegna del bagaglio è possibile chiedere il risarcimento dei danni verificatisi durante il trasporto aereo.

Per le richieste di rimborso e risarcimento, il relativo reclamo deve essere necessariamente inviato – mediante lettera raccomandata a.r. – all’Ufficio Relazioni Clientela e/o Assistenza Bagagli della Compagnia aerea con la quale si è viaggiato con la seguente documentazione: ricevuta del biglietto, scontrino di accettazione del bagaglio, P.I.R., elenco del contenuto del bagaglio smarrito o danneggiato oppure la merce acquistata in sostituzione degli effetti personali tardivamente consegnati (in questo caso con ricevute di acquisto).

In caso di smarrimento, danneggiamento, ritardata consegna del bagaglio registrato, il passeggero ha diritto ad un risarcimento fino a 1.000 DSP – Diritti Speciali di Prelievo (circa € 1.164/1.200), in caso di Compagnie aeree dell’Unione Europea e dei Paese che aderiscono alla Convenzione di Montreal, e fino a 17 DSP (circa € 19/20) per Kg. di bagaglio in caso di Compagnie aeree che aderiscono alla Convenzione di Varsavia, salvo che il passeggero, al momento del  check-in, abbia dichiarato un “interesse speciale alla consegna” e pagato l’eventuale sovraprezzo relativo ad una assicurazione integrativa sul bagaglio: in tal caso la Compagnia aerea è tenuta al risarcimento fino alla concorrenza della somma dichiarata, a meno che non  dimostri che la somma è superiore all’interesse reale del mittente alla consegna.

Una volta sporto reclamo, si avranno due anni di tempo – termine di prescrizione – per rivolgersi a un Giudice.